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29.11.2003 Faenza
foto e recensione: grazie a silvia



"La musica ha un altro linguaggio"

Io e Simona sbarchiamo a Faenza verso le 10 di sabato mattina, dove ci incontriamo con Marlene. Dopo meno di un quarto d'ora il primo brivido della trasferta: la Marle prende un incrocio contromano ma, simulando sicurezza, passiamo oltre in cerca della zona fieristica e dell'agriturismo dove passeremo la notte (a 20-chilometri-20 da Faenza… visto che in città e nei paesi limitrofi era già tutto pieno… argh!). Troviamo entrambi facilmente (e ci tengo a sottolineare "facilmente"!!), ma l'agriturismo è desolatamente abbandonato, chiuso, sprangato… perplessa telefono al proprietario che, sorpreso, mi dice che non ci aspettava così presto "perché di solito arrivano tutti nel pomeriggio", e che dovremo aspettare circa per un'ora il suo arrivo, visto che sta dando da mangiare a 8 cavalli e 4 cani… L'attesa passa tra chiacchiere sotto la veranda e la Simo che ci immortala rattrappite dal freddo.
Una volta ottenuta la stanza, ci avviamo con calma verso il Mei facendo sosta in una trattoria che segnerà la nostra avventura faentina: cucina casalinga. Tra tortelloni, gnocchi, strozzapreti, panne cotte e creme caramel fatti in casa, annaffiati da un litro di vino rosso, "l'Agnello ci troverà ben pasciute e già alticce!!". Dribbliamo l'offerta di un ammazzacaffè e arriviamo salve (e satolle) alla meta.

Pagato il biglietto (10€… un furto, se posso permettermi il commento), io e Simo – intente a leggere il programma – non ci accorgiamo di un passaggio dell'Agnelli al nostro fianco. La Marle ci comunica questa drammatica disattenzione con una noncuranza invidiabile (prima occasione persa di una lunga serie). Ce ne facciamo comunque una ragione e – gira che ti rigira – incrociamo il delizioso Tommy dei Perturbazione e pure Chaki, che ci dice che adesso segue una band giovane che fa da supporto ai concerti dei Verdena (ma di cui – sob – non ricordo il nome); ci dice anche che questo gruppo suonerà alle 17.30 alla Tenda Emergenti, ma purtroppo non potremo assistere perché incastrate in quarta fila alla conferenza sul Tora!Tora!

Facciamo un giretto esplorativo tra i due non grandissimi padiglioni con gli stand delle case discografiche e le bancarelle dei vinili e dei cd, e poi tra quelli delle esibizioni live, ma l'importante è trovare la sala convegni – impresa non difficile, bisogna confessarlo. Incontriamo nel frattempo Laura, già conosciuta ad altri Tora (Bologna, Milano), che ci farà compagnia fino a notte, quando dovrà rimettersi in viaggio verso quel di Vicenza.

A metà pomeriggio assistiamo alla fine di un dibattito sul "destino" dei giovani gruppi che partecipano a Sanremo. Tra i relatori, Beppe Servillo della Piccola Orchestra Avion Travel. La chicca è l'intervento di un originale personaggio che nell'aspetto ricordava l'Alfio Muschio di Bebo Storti… insomma, costui ha fatto un discorso abbastanza oscuro e a tratti delirante, ma sicuramente monofrasico (mi si passi il neologismo), basato sull'aforisma che "la musica ha un altro linguaggio". A parte questo, non ho capito un cazzo del suo sproloquio, ma posso affermare che sono d'accordo con lui!

Finalmente, alle 16.50 inizia l'incontro sul Tora! con – al tavolo dei relatori – Manuel Agnelli, Max Casacci, Dan Solo e Riccardo Tesio (Marlene Kuntz), Tommy (Perturbazione), Cesare Basile e l'onnipresente Giorgio Canali (è uno e trino, quest'uomo: lo avremo incrociato almeno 30 volte in due giorni…). Tra il pubblico, avvistato Ciccarelli.



Manuel chiede al pubblico di cominciare subito con le domande, e questi sono i temi principali che vengono fuori.
Per prima cosa si parla dei rapporti tra un festival come il Tora e le regioni del meridione. Manuel spiega che è difficile organizzare tappe al Sud a causa dell'impegno dovuto allo spostamento dei gruppi e delle attrezzature, in pratica per una questione di soldi, ma che c'è comunque la volontà di caratterizzare e dare importanza a zone solitamente poco frequentate da un tipo di eventi come può essere il Tora.
Inoltre, il Tora è un festival ancora molto giovane, perciò bisogna stare attenti a non fare "passi falsi" nell'organizzazione della scaletta; in ogni caso si è cercato, nelle diverse edizioni, di dare sempre più spazio a un numero maggiore di gruppi, anche locali, ma questo deve avere un limite, perché non si possono far suonare 25 gruppi in un solo giorno: i 16 della data finale di Milano erano già tantissimi.
Il terzo punto è stato: da un'esperienza come il Tora, possono nascere collaborazioni tra diversi artisti? Risposta di Manuel: si, ma è una cosa molto aleatoria. La collaborazione è un atteggiamento poco diffuso, soprattutto per questioni di mentalità: gli artisti della generazione dello stesso Manuel sono sempre stati immersi in un ambiente che privilegiava largamente la competizione rispetto alla collaborazione. Quindi, da un lato manca l'abitudine alla collaborazione, e per questo vengono spesso mosse delle critiche agli artisti. La contraddizione è che, quando queste collaborazioni si verificano, le critiche piovono lo stesso.
A questo proposito, interviene Max Casacci per precisare che senza un'iniziativa come il Tora lui non avrebbe mai conosciuto certe realtà musicali e che purtroppo fino a poco tempo fa tra i gruppi ha dominato una "rancorosa competizione" e che quello che è mancato per troppo tempo è stato il rispetto tra i gruppi.
Continua Manuel, dicendo che tra gli esiti non previsti c'è stato che il Tora è diventato un evento mediatico: "il Tora è un media". Nonostante la difficoltà con i media ufficiali, il Tora ha avuto grande risonanza e ha cominciato a vivere di vita propria, senza dipendere dai mezzi di comunicazione ufficiali. Il Tora ha dimostrato una vitalità in netta controtendenza col calo generale che si sta verificando in questo periodo nel settore musicale. Per questo motivo l'anno prossimo si pensa di dare molto più risalto a eventi paralleli (come ad esempio dare spazio alle case editrici), ma c'è bisogno – e c'è l'idea – di organizzare solo 4 o 5 date di due giorni, per dare al pubblico la possibilità di campeggiare e di vivere l'atmosfera del festival in maniera diversa, più intensa e pervasiva.
Una parentesi è dedicata anche alla scelta dei gruppi che vengono a suonare al Tora: Manuel afferma con un certo orgoglio e sorridendo che "i gruppi sono decisi da me!, non in base ai miei gusti personali, ma in base a quanto li ritengo significativi come qualità all'interno dell'ambiente nel quale si muovono"; puntualizza inoltre come il Tora, pur essendo realizzato dalla Mescal, non rappresenta la Mescal in quanto casa discografica, dato che vi partecipano molti gruppi che incidono per altre etichette.
Una precisazione (applaudita) di Tommy, sottolinea quanto sia importante e significativo che un evento come il Tora sia nato dall'iniziativa in prima persona dei musicisti.



A questo punto, la svolta: comincia un contraddittorio tra Luca Valtorta (di Tutto) e Federico Guglielmi (Mucchio Selvaggio), sull'origine della polemica tra i due giornali circa la collaborazione di Manuel con Tutto e gli articoli sul Tora. Nodo della questione sono alcune affermazioni del direttore del Mucchio, che ha accusato gli organizzatori del Tora di essersi "venduti a Berlusconi". La discussione si protrae a lungo (troppo a lungo, per quanto riguarda la sottoscritta), con Manuel che interviene con frasi brevi e lapidarie: ebbene si, anche lui ogni tanto guarda i Bellissimi di Rete4, va allo stadio a San Siro e in qualche occasione ha pure fatto la spesa all'Esselunga. Ha comunque l'aria di chi pensa "non sono d'accordo". Max invece ha l'aria di chi, a più riprese, vorrebbe intervenire, ma non trova l'occasione adatta, e si mette le mani tra i capelli. Guglielmi dice che la polemica è nata esclusivamente dal fatto che Tutto sia una pubblicazione che fa capo a Berlusconi e che, pur non condividendo i toni "molto poco urbani" del suo direttore, non può dissociarsi dai contenuti espressi. Un pacato Manuel dichiara che "la polemica ci sarebbe stata in ogni caso", solo per aver scelto una testata diversa dal Mucchio. E comunque, non si può identificare tutta la redazione del giornale con un unico orientamento politico, è una generalizzazione eccessiva. Max, che finalmente riesce a prendere la parola, spiega come un suo intervento sul sito dei Subsonica, scritto in risposta a numerose richieste di chiarimenti dei fan su questa faccenda, sia stata presa, tagliuzzata, stravolta ai limiti dell'insulto e pubblicata sul Mucchio senza la sua autorizzazione e fatta passare come una lettera aperta, in un inventato botta e risposta.
Direi comunque di dare un taglio a questa verbosità, nella quale metà degli intervenuti al tavolo dei relatori non ha mai aperto bocca, e nella quale più di metà delle cose dette erano già ampiamente conosciute.

Sono così arrivate le 18.30, e rantoliamo stancamente fuori dalla sala convegni. Ci siamo perse il gruppo che ci era stato consigliato di Chaki, e la Marle anche l'esibizione degli Skiantos, ma d'altro canto pareva brutto alzarsi e andare via, considerato che eravamo sedute in quarta fila…!

Girovaghiamo un po' tra gli stand affollati e accaldati (per la gioia della mia pressione bassa, che ne approfitta per sprofondare sotto i piedi e causarmi 5 minuti di sudori freddi…), poi dritte verso il palco dove suoneranno i Perturbazione. I tempi, che prevedono set lampo di un quarto d'ora l'uno, non sono puntualissimi: circa un'ora di ritardo. Ecco perché quando i Perturbazione calcano le scene sono costretti a fare solo tre pezzi ("Il senso della vite", "Agosto" e una canzone degli Smiths): Tommy, in trance artistica, denudatosi malgrado il clima decisamente freschino, non si accorge che la scaletta deve sacrificare "Per te che non ho conosciuto". Crede infatti di ricominciarla da capo perché l'attacco non era venuto bene. Resosi conto della cosa, si congeda con un "questa doveva essere Per te che non ho conosciuto", e mentre scende dal palco – battendosi la mano sul fianco – ci regala un autoironico "e viva la pancetta!". Fischi e proteste del pubblico verso gli organizzatori (anche il batterista dei Perturbazione si lamenta vistosamente, e non aveva neanche torto, a mio modesto parere: tagliare una canzone cos'ha permesso di recuperare sul ritardo accumulato?).
La serata continua con l'esibizione di una quantità di altri gruppi dei quali, causa alzheimer, non ricordo i nomi. L'unico "quasi-concerto" è quello di Moltheni: un'ora abbondante di buona musica (per me che non lo conosco), peccato che i testi non si capissero nel cantato… o più probabilmente ero io che dormivo a occhi aperti e non avevo la concentrazione giusta… E infine Riccardo Sinigallia (piccola considerazione: va bene che è un ex Tiromancino, ma questo non lo autorizza a cantare con la stessa voce di Federico Zampaglione!!!)

Si torna verso l'agriturismo: manca poco all'una di notte mentre ci inerpichiamo lungo la stretta stradina che conduce all'agognato letto, quando gli abbaglianti spaventano una simpatica bestiola che passeggia tranquillamente in mezzo alla carreggiata: la Marle si esibisce in un "guardate, un pavone!!".
Era un istrice.
Con tanto di aculei irti.
Io, al cellulare con la Cinzia per raccontarle la giornata, mi ritrovo a fare la radiocronaca in diretta dell'incontro con il rotondetto e tenerissimo (metaforicamente parlando) istrice che, impaurito, trotterella a bordo strada.
Ultima emozione della nottata è la vista di un cielo che mai avrei potuto immaginare: a interrompere il buio dei boschi intorno a noi, una distesa scintillante di migliaia e migliaia di stelle che si distendono in tutte le direzioni.



La mattina di domenica viene inaugurata dai laceranti gorgoglii dello stomaco della Simo, che provocano l'ilarità mia e della Marle. Però sono solo io quella che, condividendo il letto matrimoniale con la Simo, si prende un calcio sotto le coperte!
Verso mezzogiorno riusciamo a trascinarci fuori dalla camera, e i gentilissimi gestori ci offrono una colazione a base di brioches, pane, marmellata e miele (mai incontrate persone così disponibili: niente problemi di orari per il rientro notturno, niente problemi per gli orari i pasti, niente problemi per l'ora in cui liberare la stanza). Rinfrancate, ci apprestiamo ad affrontare la seconda giornata di Mei.

Ci dedichiamo con attenzione a tutti gli stand, facciamo un po' di acquisti di cd, vinili e quant'altro, e (non paghe) pranziamo! Altroché Mei: un tour enogastronomico…!
E qui si consuma una scena ai limiti del surreale: uscite dal posto ristoro, ci troviamo Manuel davanti che parla con un paio di persone. Ci diciamo che è arrivato il nostro momento di salutarlo, visto che ieri i nostri destini non si sono incrociati con il suo. Ma no, Manuel ci dà le spalle e saluta un altro gruppo. Facciamo un passo nella sua direzione e lui gira l'angolo e si ferma a cambiare qualche parola con un altro gruppetto. E poi un altro ancora. Poi, se non ricordo male, si intrufola nella Tenda Emergenti. Pare brutto pedinarlo così scopertamente, quindi cambiamo direzione e ci facciamo un altro giro nei padiglioni. Dopo aver incrociato l'ubiquo Giorgio Canali in ogni dove, passiamo davanti allo stand Mescal, dove staziona un disimpegnato Manuel. Simona decreta che adesso è proprio il momento di fare una capatina a salutarlo.
Chiediamo come va e ci informiamo su cosa stanno facendo gli After, se stanno già registrando qualcosa. Manuel dice che no, non stanno registrando, ma sono in sala prove a suonare cover dei Black Sabbath (per la gioia della Marle).
Ci chiede se siamo appena arrivate, rispondiamo che siamo arrivate già sabato. Chiede allora se abbiamo visto qualche gruppo interessante. Ma a parte i Perturbazione (una garanzia), non siamo rimaste folgorate da nessuno in particolare, anche se riesco a dire che Moltheni fa della buona musica, peccato che quando canta non si capiscano le parole (l'unica frase che riesco a proferire: come disse qualcuno: "meglio stare zitto e far credere di essere un idiota, piuttosto che parlare e dimostrare di esserlo davvero").
Sapendo che eravamo al Mei anche il giorno prima (forse incuriosito?) Manuel ci chiede se abbiamo assistito alla conferenza sul Tora, e quando gli diciamo di si se ne esce con un "che pazienza!", o qualcosa di analogo… ha perfettamente ragione. E poi si mette a raccontarci come sia stata un'ottima occasione per poter fare chiarezza sulla polemica Tutto-Mucchio Selvaggio, con la possibilità anche per gli artisti (lui e Max Casacci in particolare) di esprimere liberamente e in tono pacato le proprie posizioni. Elogia anche Guglielmi, che si è trovato in una situazione spinosa e che si è comportato in maniera ammirevole (e infatti Manuel ci dice apertamente di stimarlo molto). Arricchisce anche il racconto con un ludico aneddoto: Casacci, credendo per tutto il tempo che Giorgio Canali fosse il direttore del Mucchio, si stupiva grandemente per la calma dimostrata e per la decisione di non intervenire nel dibattito. Finché Manuel non gli ha chiarito un po' le idee…
Ci congediamo da Manuel, che ci saluta con un "ciao ragazze, ci vediamo dopo, tanto siete qui in giro". Calo un pietoso velo su di me che, girate le spalle a Manuel, mi sono sentita avvampare e diventare violacea e tachicardica; d'altronde avevo mantenuto un'invidiabile aplombe fino a quel momento, e non ho ancora raggiunto lo stato di atarassia decantato del caro vecchio Morgan…

Il giro prosegue in attesa dell'incontro delle 17 sul tema: il ruolo delle parole nella musica. Tra i protagonisti, il sopra citato Morgan (che darà buca), Frankie Hi Nrg, Pacifico, Mauro Pagani e altri.
Peccato che anziché alle 5 p.m. la conferenza sia iniziata con quei 50 minuti di ritardo; facciamo in tempo a vederci anche un intervento di Ligabue sugli artisti che si autoproducono. Simona, delusa dall'assenza del maestro Morgano, si fa un giro per conto suo. Io e Marlene invece rimaniamo, e devo dire che il dibattito è stato abbastanza interessante e piacevole. Tra gli argomenti, il ruolo della "semplicità" dei testi, intesa come ricerca di soluzioni linguistiche immediate ma mai banali (con l'analisi della storica collaborazione Mogol-Battisti) e la difficoltà di scrivere buoni testi rock italiani. Si sottolinea (e meno male!) che non è affatto vero che l'inglese sia la lingua "prediletta" del rock: è un luogo comune. Forse, a livello di metrica, può essere più scorrevole e orecchiabile, ma quando si vanno a tradurre i testi, ci troviamo spesso e volentieri davanti a delle sconcertanti banalità.

Altro bidone del pomeriggio: salta l'incontro (atteso con ansia da me e Simona) con lo scrittore Marco Mancassola. Ci dirigiamo sconsolate verso il palco live, e qui lo spirito si risolleva con due esibizioni di assoluto valore. Caparezza (che conosco poco) è veramente divertentissimo e coinvolgente, e il pubblico gradisce non poco! Di seguito i Caravane de Ville, che adoro in tutto: musiche e testi, per non parlare della voce splendida della cantante.

Chiudiamo in bellezza con una piadina alla porchetta (mortale). Marlene ci riaccompagna in stazione e ci dirigiamo verso casa, che domani ci si alza presto per tornare al lavoro.

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