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25.06.2003 Bologna
foto e recensione: grazie a punto g



PRESENTAZIONE DEL CORTOMETRAGGIO "Die for me" di ANNA DE MANINCOR
Grazie a puntoG

La presentazione dovrebbe aver inizio alle 21.00 ma l'attesa si protrae
fino alle 22.45 circa sulla terrazza del tpo. Quando giungono Agnelli, Clementi
e Longfils i posti a sedere sono già tutti occupati e alcuni ragazzi se
ne stanno anche in piedi a bere birra e a parlare. L'atmosfera è rilassata
e familiare, quando Anna de Manincor è intervenuta per annunciarci il solito
ritardo di Manuel Agnelli ognuno ha trovato il modo di ingannare il tempo
senza sorprendersi troppo.
I quattro si mettono a sedere e si fa silenzio, la regista prende la parola
per prima spiegandoci in breve la storia di come è nato il corto. Anna conosceva
già da tempo Emidio, quando nel 2000 ebbe l'occasione di assistere a un
reading degli Agnelli Clementi e si innamorò al primo ascolto del racconto
di Manuel "Moriresti per me?" nella forma che aveva preso grazie alla voce
narrante di Emidio. Si sorprese di trovarsi così vicina al brano di Manuel,
il quale raccontava cose vissute in luoghi e tempi completamente diversi,
ma vicine alla sua esperienza e al suo modo di sentire, allo stesso modo
significative. La regista dichiara di aver trovato in quell'occasione qualcuno
che fosse riuscito a dire finalmente quello che lei non aveva mai avuto
il coraggio di raccontare, quasi per paura di "sporcare" sentimenti controversi
e difficili da rappresentare come quelli dell'amicizia.
Ecco da dove nasce l'idea di rielaborare il racconto di Manuel nel linguaggio
che è più familiare ad Anna, quello delle immagini.
C'è anche però l'esigenza di ampliare il progetto, così Anna chiede ad amici
scrittori di realizzare una serie di racconti sul tema dell'amicizia corrotta
o corrosiva. La scelta dell'editore ricade sulla "Gallo e Calzati" che in
altre occasioni si è già occupata di unire parole e immagini. Anna ci tiene
a sottolineare come fra libro e film ci siano stretti legami. Ognuno dei
partecipanti al progetto è in qualche modo legato agli altri da rapporti
di amicizia o di feconda collaborazione artistica, gli stessi 5 protagonisti
del corto sono i veri amici della regista, per la prima volta alle prese
con una prova da attori. Altro punto su cui la regista fa soffermare la
nostra attenzione è la natura comune di tutto il materiale, li definisce
"semi-lavorati" cioè materiale in via di trasformazione, senza limiti di
linguaggio: racconti che possono trasformarsi in sceneggiature, soggetti
che potranno diventare spettacolo teatrale o cortometraggio, sulla scia
di quello che lei ha già realizzato appoggiandosi alle parole di Manuel
e alla voce di Emidio (autore anche di uno dei racconti che compongono il
libro).L'impressione è che questo libricino non rappresenti un punto di
arrivo per gli autori, ma casomai una partenza o almeno che ci sia l'intenzione
di far crescere questo materiale, impastandolo nuovamente magari con l'ausilio
di altre menti.
Quello che colpisce del cortometraggio, che viene proiettato finita la breve
presentazione, è la narrazione articolata su più piani. C'è la voce di Mimì,
particolare e coinvolgente, che scandisce i tempi del racconto, seguiti
solo in parte dalle immagini; c'è la musica originale composta da Manuel
Agnelli e Massimo Carozzi e infine ci sono le immagini. I tre linguaggi
sono amalgamati con maestria. La scelta della voce fuori campo crea un effetto
leggermente straniante, soprattutto per chi ascolta per la prima volta il
racconto, ma è un filo conduttore obbligato che la regista ha deciso ostinatamente
di mantenere nella sua versione originale. E' la musica che fa da ponte
fra la parola scritta e l'immagine, in questo modo essa non rimane semplicemente
sottofondo, ma diventa protagonista, ha una funzione attiva che risulta
irrinunciabile. Scopriremo più tardi che è stata realizzata dalle improvvisazioni
di Manuel (moltissimo materiale, realizzato in poco più di mezz'ora) messosi
a suonare di fronte a uno schermo su cui passavano le immagini del corto
già in sequenza.
Per quanto riguarda le immagini, Manuel e Anna ci tengono a sottolineare
che il lavoro non ha voluto essere una sterile e un po' nostalgica riproduzione
dei ricordi dell'autore, ma che la regista, inserendo il racconto parola
per parola in sottofondo, allo stesso tempo si è sentita libera di non seguirlo
alla lettera. Ha dato la sua lettura attraverso la sua sensibilità e le
sue esperienze, ha cercato di mantenerne lo spirito e l'atmosfera aiutandosi
con immagini che non avessero esattamente lo stesso significato delle parole.
Manuel dice di aver trovato prima nell'interpretazione di Mimì e poi in
quella di Anna momenti altrettanto autentici, che da solo non sarebbe arrivato
ad esprimere. Il risultato è una composizione policentrica, fatta di molti
stimoli e spunti di riflessione, a tratti commovente e con "la vocazione
al nero". La parte finale, quella del bagno nel canale della raffineria,
infatti, è intervallata da scene mute in cui lo schermo resta nero per qualche
secondo pur rimanendo il sonoro, quasi a fissare maggiormente nella memoria
le immagini o a permettere all'immaginazione di continuare a vedere al di
là dello schermo. Lascia largo spazio alle interpretazioni la scena finale,
in cui uno dei protagonisti è ripreso immobile, lo sguardo assente da sotto
la superficie dell'acqua ormai calma, dopo gli scrosci, i tuffi e gli spruzzi
della lunga scena precedente.

g.

FOTO