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AFTERHOURS CROSSROADS
Qualcuno li ha chiamati Crocevia, altri si sono messi a
rispolverare il termine canzone: gli snodi per il rock in Italia (molto
meglio che scrivere per il rock italiano) partono negli ultimi tempi
dall'autoanalisi, dagli appunti di un viaggio che ha solcato un
decennio denso di soddisfazioni e di contraddizioni, di
consacrazioni sul palco e di mesti ritorni a casa. Gli Afterhours
sono stati sicuramente l'evento live degli ultimi tempi:
seguitissimi, hanno acceso entusiasmi e dato il fiato a tante
parole - altrui - sulla forza della musica giovane (??) dalle nostre
parti. L'uscita di Siam tre piccoli porcellin non é però da intedere
come una constatazione, un pò autocelebrativa, di un potere
espressivo consolidato, quanto piuttosto come una riflessione su
un percorso che si é fatto via via più complesso e ricco di
deviazioni e progetti paralleli.
La musica al centro, qualche altra via di fuga ed una storia che ha
bisogno di rinnovarsi per poter parlare ancora.
Così i due CD (elettrico/acustico) dal vivo di Manuel Agnelli, Xabier
Iriondo e compagni appaiono come uno spunto per tracciare le
dinamiche di un suono ancora in movimento, sono la controprova
che la macchina Afterhours non si deve ancora fermare. Proprio
con Manuel e Xabier abbiamo provato a tracciare qualche ipotesi
sul presente e sul loro (ed il nostro, alla fine) futuro.


Questo cd é figlio, se ho capito bene, del caso e della necessità:
non é stato un progetto pianificato, ma semplicemente é
accaduto.
Manuel: Noi non abbiamo mai considerato i dischi live di una
band - con le dovute eccezioni - come molto interessanti o
particolarmente necessari. Solitamente risultano troppo
autoindulgenti: le stesse canzoni, ma suonate peggio e con il
pubblico che urla sullo sfondo. La nostra paura, soprattutto
pubblicando un'esibizione "elettrica", era anche questa. Per noi la
svolta su questa situazione é avvenuta con il concerto acustico a
Civitanova Marche, fatto un pò per scommessa e divertimento, da
cui non pensavamo di ricavarne molto di più. L'abbiamo registrato
sempre per caso, rendendoci poi conto che era un bel materiale,
interessante perché diverso dal solito. Infine, pure dalle
registrazioni elettriche siamo riusciti a trovare pezzi che ci
piacessero: "Simbiosi" é il titolo più strumentale e più sviluppato
dal punto di vista sonoro che abbiamo mai composto.

Quanto "Siam tre piccoli porcellin" può essere una spia per le
vostre prossime avventure? Mi pare che certi brani, come
"Ossigeno", puntino di più alla stratificazione degli strumenti
rispetto al passato.
Manuel: Li eseguivamo da tanto tempo e ci siamo ritagliati la
possibilità di lavorarci un pò su; certo ho sicuramente una
maggiore dimestichezza con la chitarra rispetto all'incisione di
"Ossigeno".
Xabier: In generale le band rock si evolvonopoco all'interno dei
brani scritti o pubblicati in altri dischi, senza modificarli o
aggiungere parti. In questi primi tre anni, invece l'evoluzione della
band sul palco, con l'inserimento del violoncello, che ha preso un
ruolo determinante in certi arrangiamenti, ha portato allo sviluppo
di determinati testi.
Gli album live tipici spesso non sono altro che la
commemorazione di canzoni già totalmente formate sul disco,
riproposte pari pari.
Manuel: Noi abbiamo avuto la fortuna di fare tantissime date e
questo ci ha imposto di ridare una certa vitalità ai brani che
suoniamo ormai da anni. In realtà, anche se può sembrare
retorico, la reazione del pubblico in questo ci ha aiutato
moltissimo: sentir cantare dalla prima all'ultima nota qualsiasi
cosa facessimo ci stava spiazzando. Sono arrivato al punto di
pensare che questo progetto stesse finendo, che non avesse più
senso per noi...
Xabier: Non trovavamo più quell'energia e quella sfida che
rappresenta il salire sul palcoscenico ed affrontare testi e
musiche, poco importa se passati o presenti, con una verve ed
una forza ogni volta rinnovate: non succedeva più, ogni nuovo
concerto era la fotocopia del precedente...
Manuel: L'uscita acustica ci ha permesso di ritrovare naturalmente
una sorta di "modulazione" in virtù della quale il pubblico
interagiva con noi nei momenti giusti. Abbiamo cercato di riportare
un feeling del genere anche nel versante elettrico: così i ragazzi
hanno ricominciato a cantare nei momenti in cui é naturale che
accada, restituendo un'emozione originaria.

Immagino che nel progetto acustico ci sia pure il tentativo di
sottolineare testi, e ancor di più titoli che mi sono sempre
sembrato parecchio connotativi della vostra essenza.
Manuel: Anche se le parole sono mie, ormai abbiamo una tale
complicità dal punto di vista della creazione da andare tutti nella
stessa direzione. Siam tre piccoli porcellin é una sigla uscita
casualmente, perché la nostra grafica aveva messo questa sorta
di filastrocca al posto dei versi dell'inedito (La sinfonia dei topi,
Ndl) che ancora non ne aveva.
Xabier: E' stata un'occasione per cementare le esperienze vissute
negli anni. Per me era simpatico sentirmi dire "mai nessun ci
dividerà, tra la là..." in un momento in cui avevamo raggiunto
l'apice della crisi...

Una crisi creativa?
Manuel: No, non é mai stata la musica il vero problema.
Xabier: Singole vite personali, il fatto di non trovare l'attitudine
giusta nel porsi dal vivo, nei confronti delle altre persone che ci
giravano intorno...
Manuel: Per me é stato soprattutto lo scontrarsi con un certo tipo
di professionalità, che da una parte mi piace ma dall'altra odio, ed
il poter riuscire finalmente a dividere le cose molto nettamente.

Avete comunque seguito alcuni progetti paralleli...il tuo ruolo
produttivo (rivolto a Manuel, Ndl) bene o male va avanti: anzi, in
questo momento puoi passare anche per un simbolo della
maggiorità del rock italiano (bleah, Ndl). Quando ci si potrà
staccare da questa appartenenza, un pò parrocchiale, ad una
scena che dovrebbe guardare meglio al futuro?
Manuel: E' un processo lentissimo, purtroppo o per fortuna. Io
sono stato contento, perché la lentezza ci ha permesso di
assorbire le cose in maniera più completa.
Non sono due anni della mia vita: é la mia vita. Riconosco che a
livello di musica sarebbe più eccitante se le cose cambiassero in
modo fulmineo, solo che non ci credo. Mi pare comunque che
alcuni orizzonti si stiano allargando...

Come mai i ragazzi preferiscono andare ai concerti degli
Afterhours piuttosto che a comprare il cd?
Manuel: Per me vale la regola per la quale andare ad un concerto
é più emozionante dell'ascolto, un pò impersonale, di un cd.
Alcuni gruppi, noi e i Marlene per esempio, hanno la capacità di
rinnovare abbastanza l'emozione da trasmettere, ogni sera o
quasi. Si possono così fare anche centoventi date all'anno ed
avere la certezza che le persone tornino...
Xabier: ... più volte, anche in luoghi vicini, nella stessa regione.
All'inizio ci stupivamo motissimo.

Il contraltare é che, comunque, suonare da vivo, mediamente,
resta sempre difficilissimo. Probabilmente se chi promuove i
concerti si muovesse meglio, ci sarebbero riscontri sostanziosi...
Manuel: I promoter hanno lavorato tantissimo su un tipo di scena
che é cresciuta: ora fanno suonare solo chi in ogni caso
garantisce dei risultati. Sono scomparsi quei locali di cui abbiamo
beneficiato dieci anni fa, che davano spazio a nomi oscuri. Oggi
manca pure la curiosità per la scoperta: é anche un problema di
pubblico. A me i ragazzi di adesso piacciono, non hanno
l'amarezza che ha un pò contraddistinto la mia generazione,
ostacolandola. Alla fine, parliamo linguaggi non troppo differenti,
lo dimostra la loro "adesione" ai nostri testi.
Xabier: Si tratta poi di un pubblico misto, non ci sono solo i
ventenni. Al concerto acustico, in teatro, la media era sui trenta.
Persone ancora affezionate al vinile...
Manuel: Il punto centrale é che chi vende i cd non li sa rendere
interessanti. E' un prodotto morto, non più stimolante come
supporto tecnologico. Sicuramente il vinile offriva, sotto il profilo
grafico anche, possibilità artistiche che il cd ha ucciso. Ora poi c'é
anche la possibilità di masterizzarlo: sappiamo per certo che due
terzi del nostro pubblico lo fa. Non é sbagliato, é inutile fare i
proibizionisti.

Con Internet ci si sta avvicinando all'impalpabilità di un prodotto
musicale.
Manuel: Non so come finirà, e sarà certo interessante vederlo. Il
Web avrà un grandissimo ruolo: siamo contenti di questo, perché
le band della nostra area lì trovano tantissimo spazio.
Chi ci lavora lo fa per passione, ancora non ha avuto il tempo di
razionalizzare la propria professione: sta occupandosi di ciò che
più gli piace. Poi bisognerà vedere quanto durerà la libertà dello
spazio, quando arriverà la lottizzazione multinazionale; Intanto il
caos aumenta. Il mercato non puù che collassare definitivamente
e noi ne siamo felici: i meccanismi che erano stati costruiti sugli
stessi circuiti promozionali, sugli stessi grossi numeri, verranno
distrutti, ci sarà una gran confusione collettiva. Non so quanto
questo farà bene alla musica...vedremo.

Che ricordi avete degli '80 quelli del supposto boom
neopsichedelico ed underground in Italia?
Manuel: Gli anni che abbiamo vissuto sono stati molto creativi per
la scena internazionale: nel sottobosco c'erano figure eccezionali
e fondamentali. E' vero, però, che almeno metà della post-wave si
é persa e ora suona invecchiata.
Xabier: Negli Stati Uniti si sono portati avanti discorsi riproposti
dieci/quindici anni più tardi, in forme chiaramente più
commerciali...
Manuel: La differenza é che agli inizi dei 90 in classifica ci finivano
gruppi con una certa qualità - i Nirvana, i Red Hot Chili Peppers,
gli Smashing Pumpkins - , mentre nel decennio precedente la
cultura ufficiale era di un altro tipo, ben peggiore.

Una piccola digressione: finalmente la tecnologia pare sposarsi
con il rock e la canzone d'autore. Quanli sono le prospettive al
riguardo?
Xabier: Da "Germi" in poi abbiamo lavorato in maniera casalinga,
lo-fi, con registratori a quattro piste, utilizzando effetti analogici o
digitali che incorporassero in una qualche misura il sound da
combo rock che abbiamo sempre avuto. Nell'ultimo disco ci
siamo spinti oltre, ispirati dai primi approcci di utilizzo
dell'elettronica nel rock, fatti in Germania nei primi '70. I prezzi
nell'ambito digitale-informatico sono parecchio calati,
permettendo così di coniugare tradizione ed innovazione. La
fascinazione indistinta per la tecnologia rischia però di appiattire
le timbriche, di far suonare le cose nuove tutte allo stesso modo.
Bisogna essere attenti. L'importante é "mescolare" il pù possibile.
Manuel: Credo che l'analogico stia migliorando dal punto di vista
espressivo. Rimane comunque il miglior modo di rappresentare
la propria personalità, perché é sempre diverso, in ogni caso.
Spero che il risultato finalmente sia riuscire a rappresentarsi in un
modo personale proprio utilizzando il crossover fra e tante
possibilità.
Xabier: Le nuove generazioni sono troppo affascinate da queste
nuove macchine: non sono altro che strumenti, come la chitarra o
il basso, e quindi devono essere organizzati in forma mista con
altri, per garantire un sound originale. Come ti ho detto, se ci si
sposta soltanto su un discorso analogico o digitale o quantomeno
sintentizzato, il risultato risulta freddo e legato solo ad un periodo.

Bisogna poi scontarsi con le economie di mercato del nostro
paese: come si fa a garantire a questo panorama un futuro
economico, sata la precarietà generale della situazione?
Manuel: Sono stato a Londra a parlare con i tipi della Revolution:
un management importante, che guarda all'Italia come ad un
terreno vergine da conquistare. Ci sono sessanta milioni di
abitanti e, alla fine, un piccolissimo mercato: ancora non é
sfruttato nelle sue reali potenzialità.
Se c'é un problema é la via italiana a costruire qualsiasi cosa con
sentimenti di inferiorità, complessi...Il pubblico é l'unica entità che
non soffre di questo male: é capace di esaltare gli Afterhours o i
Marlene tanto quanto gli Smashins Pumpkins e i Nirvana!
Fra l'altro, in Italia, chiunque tenti di fare qualcosa di estremo viene
subito bollato o come volgare o come presuntuoso. Mi sento
libero di dire quello che penso, ma vengo criticato se esprimo la
mia opinione: all'estero questo non succederebbe, o meglio,
verrebbe giudicato ciò che ho detto e non perché l'ho detto.

Cosa succederà nell'immediato?
Tre anni di continua tournée senza soste ci hanno un pò esaurito:
ora ci concentreremo su una ventina di date fra marzo e maggio,
nei club, in una dimensione più gradevole per noi, ci divertiremo a
suonare...e staremo fermi per sei o sette mesi...

MUCCHIO SELVAGGIO
The Afterhours' story

Storia lunga e piuttosto confusa, quella degli Afterhours: quindici
anni di carriera (che si festeggiano proprio in questi mesi) segnati
da innumerevoli modifiche di organico e documentati da una
discografia tanto ampia quanto frastagliata.
Troppo lunga e troppo confusa per raccontarla nel dettaglio,
specie in questi angusti spazi, ma anche troppo ricca di motivi di
interesse per non riassumerlaa grandi linee in attesa di eventuali,
futuri approfondimenti.

1986-1988
Benché acerbi e non bene a fuoco, i primi titoli marchiati dalla
Toast presentano una band promettente, già abile nel trattare la
materia rock'n'roll dichiarando le sue influenze "classiche" (Rolling
Stones, Velvet Underground, Television, psichedelia, blues
acidulo) e evidenziando anche la capacità di elaborarle in modo
non sempre personale ma quantomeno abbastanza autorevole.
Due i dischi: il 45 giri "My bit boy" del 1988 e il mini-lp "All the good
children go to Hell" dell'anno seguente, con cinque pezzi autografi
e una rilettura di "Green River" dei Creedence Clearwater Revival;
Manuele (con la "e") Agnelli ha come accompagnatori stabili Paolo
Cantù (chitarra) e Lorenzo Olgiati (basso), mentre dietro i tamburi
siedono prima Alessandro Pelizzari e poi Max Donna.
1989-1993
Partecipando con una cover di "Shadowplay" al tributo "Something
about Joy/Division" il gruppo milanese (con Roberto Girardi alla
batteria) entra nell'orbita della Vox Pop, label-cardine del rock
nostrano dei '90. Con questo marchio vengono così pubblicati
"During Christine Sleep"(1991; l'ultimo con Cantù e Olgiati) e "Pop
Kills your Soul" (1993; il primo con Xabier Iriondo alla chitarra), che
certificano la graduale maturazione compositiva e canora del
leader e l'approdo a formule più policrome, ora aggressive e
lancinanti e ora visionarie e cariche di inquietudine: tra i due
album, il mini-cd "Cocaine head" (1992, che registra l'ingresso del
batterista "definitivo", Giorgio Prette) e un concerto nell'ambito del
"New York Seminar" di New York che genera aspettative (poi,
purtroppo frustrate) di concreti consensi al di fuori dei patrii
confini. Oltre a una serie di ottimi episodi originali, sono da
ricordare i remake di "21st Century Schizoid Man" dei King
Crimson (in "Cocaine Head"), "Hey Bullgod" dei Beatles e "On
time" dei Bee Gees (entrambi in "Pop Kills your Soul"), che la
dicono lunga sull'abilità dell'ensemble nel mischiare le carte delle
sue influenze/ispirazioni.
1994-2001
La splendida riuscita della "Mio fratello é figlio unico" incisa per il
tributo a Rino Gaetano "E Cantava le canzoni" (Big Square/EMI
1993) persuade Agnelli e soci a rinnegare l'inglese a favore
dell'idioma di casa nostra, anche allo scopo di valorizzare e
rendere più comprensibile a tutti la poetica ra il surreale, l'ironico,
il trasgressivo e il perverso dei testi.
Dal laborioso processo di conversione scaturisce "Germi" (1995),
capitolo finale degli Afterhours per l'ormai morente Vox Pop e
album di svolta non solo sotto il profilo strettamente stilistico ma
anche per la loro affermazione presso un pubblico più ampio:
bravi devastanti come "Siete proprio dei pulcini", "Vieni dentro" e la
title-track, alternati a ballad intense e sofferte quali "Dentro Marilyn"
(ripresa da Mina), "Ossigeno" o "Strategie" danno la misura di un
talento non ancora del tutto espresso ma comunque
straordinariamente esuberante, sfruttato nell'elaborazione di un
crossover totale in chiave autoctona tra quarant'anni di rock.
La semina di "Germi" porta come quindi frutto l'eccezionale "Hai
paura del buio?" (Mescal/Universal 1997), insuperato capolavoro
della band e pietra miliare della musica italiana di sempre: una
sequenza irresistibile di inni ai confini del punk (da "Dea" a "Sui
giovani d'oggi...", da "Lasciami leccare l'adrenalina" fino a quella
"Male di Miele" promossa sul campo al ruolo di "Smells like then
spirit" nazionale), aperture quasi pop (Voglio una pelle splendida,
Come vorrei), suggestivi ibridi tra le due tendenze (Rapace, Pelle,
Elymania) e torbide litanie (1.9.9.6., Punto G, Questo pazzo pazzo
mondo di tasse), con qualche fantasia filo-sperimentale a rendere
il collage ancor più variopinto e stimolante. Lo stesso schema di
fondo, a seguire una lunga applauditissima tournée, sarà
replicato in "Non é per sempre"(Mescal/Universal 1999), con
qualche inclinazione pop in più (Baby fiducia, Bianca, Oceano di
gomma, la title track, la pur ombrosa "Tutto fa un pò male") e
almeno un altro anthem alternativo, l'emblematico "Non si esce
vivi dagli anni '80".
Agli Ottanta e anche ai Novanta, gli Afterhours - da ormai un lustro
organizzati attorno sl nucleo base Agnelli-Iriondo-Prette - sono
invece "sopravvissuti" alla grande, e il recentissimo "Siam tre
piccoli porcellin" ne ha dimostrato lo stato di salute con una ricca
selezione di pezzi dal vivo sia elettrici (il primo cd) che acustici (il
secondo, allegato in omaggio alla tiratura iniziale), con una "State
trooper" di Springsteen interpretata alla Suicide e un bizzarro
inedito (La sinfonia dei topi) che dimostra la volontà dei musicisti
di non sedersi sugli allori. Auguri per questi quindici anni, allora,
nell'attesa di un prossimo, vero album dal quale é lecito attendersi
sorprese...e magari una qualche ristampa dei vecchi dischi
pre-"Germi", da troppo tempo fuori catalogo e pertanto smerciati "a
peso d'oro" nel circuito del collezionismo.


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