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ToraTora Festival 2004: intervista a Manuel Agnelli
“Sono un uomo fortunato: vengo pagato per dire delle cose, al pubblico, ma soprattutto a me stesso, attraverso i testi delle mie canzoni”.
Manuel Agnelli, leader degli Afterhours, fondatore e organizzatore del Tora Tora festival, è una persona dalle idee chiare e dal carisma innegabile. Sia sul palco, quando affronta pubblico e microfono in uno stato quasi da trance medianica, sia dietro le quinte, quando emerge una insospettabile timidezza. Parla con voce sussurrata, Manuel Agnelli, con gli occhi sul pavimento. Ma il messaggio arriva comunque, inequivocabile.
Quello degli Afterhours è un percorso ormai molto lungo, nel corso del quale linguaggio e sonorità sono cambiate molto rispetto agli inizi. Credi sia cambiato anche il vostro pubblico?

“È vero, il nostro approccio oggi è molto diverso. Cerchiamo cose diverse, ed il pubblico è cambiato di conseguenza. Ed è una fortuna che il pubblico si rinnovi, anche a costo di perdere qualcuno per strada. Cambiare, per quanto ci riguarda, significa andare avanti, significa confrontarsi con chi suona in modo diverso dal nostro, con chi compone in modo opposto rispetto al mio. Cambiare significa arricchirsi. È un atteggiamento che dà tanti vantaggi, ma anche tanti problemi. Soprattutto perché il pubblico non sa la strada che abbiamo fatto per arrivare a questo punto e noi non abbiamo voglia di spiegarglielo. Non per arroganza, ma perché non abbiamo tutta questa voglia di ‘vendere’ noi stessi”.

Ascoltando queste nuove band che, anche grazie al Tora Tora, si stanno mettendo in mostra, credi che gli Afterhours abbiano avuto su qualcuna di loro una certa influenza?
“Sinceramente no. Penso però che stiano commettendo gli stessi errori che abbiamo commesso noi agli inizi. La nostra attitudine era senz’altro di chiusura, di autodifesa. Poi, col tempo, le cose hanno cominciato a girare per il verso giusto e ci siamo aperti maggiormente. È un processo di crescita che purtroppo non si può trasmettere. Il Tora Tora, però, è un tentativo di dare un’occasione per fare esperienza, per evitare che i nuovi gruppi inciampino sugli stessi ostacoli dei vecchi. Ma è una cosa deprimente vedere le nuove band litigare per gli stessi motivi che facevano litigare noi. Magari è anche colpa nostra. Dal punto di vista musicale, invece, cercano giustamente di staccarsi dal passato e creare qualcosa di diverso”.

Pensi che, anche attraverso iniziative come il Tora Tora, ci possa essere un minimo di sbocco per la musica “alternativa” verso il mercato più tradizionale?
“Assolutamente no. La musica alternativa è una musica senza alternativa. In più, il mercato italiano è ormai andato a picco, perché gli addetti ai lavori non hanno il minimo talento, né la minima cultura musicale. Nemmeno chi opera nel settore alternativo è esente da colpe: c’è una fortissima tendenza alla auto ghettizzazione, ed una notevole dose di approssimazione, spacciata per integralismo. Ma non mi sento di condannarli troppo: tante volte dietro questo atteggiamento di chiusura c’è un tentativo di autodifesa, c’è la paura di finire risucchiati e sviliti dal mercato musicale italiano. Una paura giustificata, ma che si cura con la conoscenza, non con la chiusura su se stessi”.

Quanto delle tue esperienze in altri ambiti artistici, e questa di organizzatore del Tora Tora, finisce nella tua musica?
“Nella mia musica, nei miei testi, finiscono le mie esperienze personali, i miei incontri. Il mondo musicale non condiziona affatto il mio quotidiano, che è la fonte principale di ispirazione. Nella mia musica trovi il mio modo di affacciarmi sulle cose, i miei tentativi di aprirmi, di raccontarmi agli altri e a me stesso. Sono sempre consapevole che si tratta di un privilegio enorme, perché c’è gente che ha voglia di ascoltarmi. Ci sono persone che mi chiedono un’opinione, sia attraverso le interviste, sia attraverso le canzoni. Non c’è dubbio, sono una persona molto fortunata”.

L’ultimo album degli Afterhours racchiude due elementi fondamentali, e all’apparenza contrastanti: una splendida maturità artistica ma anche un certo candore, una purezza ingenua, che vi permette di scandagliarvi nel profondo e raccontarvi al pubblico senza alcun filtro. Non ti viene mai il dubbio che si tratti di un atteggiamento pericoloso? Non sei mai colto dalla tentazione di nascondere le tue paure o le tue sensazioni?

“L’unico dubbio che, a volte, può venirmi è sul perché lo sto facendo. Ma trovo sempre la risposta: ho bisogno di dire delle cose, e di dirmi delle cose. La priorità, però, resta dirle a me stesso. Ho l’opportunità di farlo e me la tengo ben stretta. E credo sia il motivo per il quale gli Afterhours funzionano ancora: siamo una band e non un’azienda, come i Rolling Stones. La cosa che mi ripeto tutti i giorni è proprio questa: gli Afterhours non saranno mai un’azienda, perché abbiamo ancora bisogno di dirci delle cose su noi stessi”.


DIDA: Manuel Agnelli, cantante e compositore degli Afterhours, da quattro anni organizza il Tora Tora Festival, che negli ultimi due ha fatto tappa anche a Castelnuovo Monti. La band milanese ha trascorso tre settimane in studio per gettare le basi del nuovo album, in uscita nel gennaio 2005. L’ultimo lavoro del gruppo, “Quello che non c’è”, risale al 2002