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02.07.2003 AREZZO
recensione: grazie a ciffolina



UNA MUSICA PUO' FARE Foto di Line e Marlene La data di Arezzo prevede un doppio spostamento per il commando tosco-emiliano (una volta tanto sono le emiliane ad andare in trasferta in Toscana): dapprima, ci portiamo all'interno di un grande e freschissimo parco, il colle del Pionta (?!) per assistere alla presentazione del libro di Manuel; poi, la Marle-mobile ci scarrozzerà fino allo stadio per seguire i concerti del pomeriggio.Il word stage viene suddiviso in tre piccole-zone: da una parte Paolo Nori che tiene un laboratorio di scrittura; affianco (e, presumibilmente, terminato l'esperimento di scrittura) Luca Morino che presenta il suo libro; da un'altra parte ancora (ma sempre vicinissima alle altre due) Manuel e Boosta che parleranno dei loro libri.Il cantante degli After e il tastierista-basculante dei Subsonica arrivano alle 15,30, accompagnati da Max Casacci, che resterà nei paraggi ma non interverrà mai nella discussione.I due sono seduti ad un tavolo scalcagnato su cui campeggiano bottigliette d'acqua e bicchieri di plastica. Attorno a loro, seduti a terra tra la polvere-che-fa-tanto-Nizza, un bel pò di ragazzi e ragazze in attesa di sentirli parlare.In realtà, tra i due quello che ha maggior diritto di essere lì è Boosta, dato che la sua "creatura" è nata a febbraio. Manuel, in effetti, sembra fare più l'intervistatore del tastierista che l'illustratore de "Il meraviglioso tubetto", ormai datato.I due ridono, scherzano, si prendono in giro; ci sono buoni interventi da parte del pubblico che tendono a mettere in luce prevalentemente il rapporto tra il modo di scrivere canzoni e quello di scrivere libri, l'utilizzo di linguaggi diversi, le difficoltà o le facilitazioni che dà l'essere letti soprattutto dalle persone che appartengono poi al pubblico dei Subsonica o degli Afterhours...Ad essere sinceri, è abbastanza difficile ripercorrere tutta l'ora e passa di botta e risposta su certi quesiti e determinate tematiche snocciolate. Una volta di più varrebbe la frase fatta "bisognava esserci", ma, in realtà, l'incontro, anche se interessante, non mi è sembrato fondamentale e non ha detto niente di più di ciò che già Manuel non dica ogni volta riguardo certe problematiche letterario-musicali.Io, poi, non sono molto imparziale nel giudicare il dibattito, perchè Boosta non lo sopporto e il solo vederlo mi mette addosso una voglia di sopprimerlo che metà basterebbe. Mi piace moltissimo come musicista, ma la vanità e l'autocompiacimento sono i suoi due marchi di fabbrica di cui si può benissimo fare a meno.Diceva Luca una volta che gli After hanno un loro preciso stile: nello stare sul palco e nello stare giù dal palco.E' verissimo e, pur amando i Subsonica, credo che i torinesi abbiano un bel pò da imparare dai milanesi...Chiuso il dibattito da un frettoloso Manuel, richiamato poi dalle telecamere (forse di ReteA) che hanno ripreso ogni minima cosa riprendibile, sostiamo nel parco scrutando da posizione defilata l'intervista che Manuel, Boosta e Casacci concedono alla tv, standosene per un buon quarto d'ora seduti su una panchina stile pensionati-a-passeggio.Il commando ha, comunque, l'onore di essere salutato da Manuel. Io, però, non faccio testo e non sono una testimone oculare dell'accaduto, perchè...non c'ero, essendomi eclissata in cerca di Casacci.Ci ritroviamo in macchina per dirigerci allo stadio che, scopriremo poi, aprirà le porte solo alle 19. Ci parcheggiamo all'esterno e aspettiamo. Il caldo è mitigato da un ventaccio che imperversa e rende meno pesante l'attesa.Alle 19 entriamo e mi rendo conto solo una volta dentro di quanto sia grande uno stadio per un festival musicale.Lo svacco è sempre quello (bellissimo) da festival: gente stranissima, cani, giocatori di fresbee (il must del momento, off course), odore di panini e salsiccia che si diffonde ovunque, bancarelle del mercatino che ricoprono tutto un lato lungo dello stadio.La serata è presentata dal mai dimenticato Mixo ("Ridateci Coloradio!" sarà uno degli slogan scanditi da un paio di ragazzi) e da quell'ebete vestita praticamente da sposa che è Lucilla Agosti di "Azzurro" di ReteA: rimango dell'idea che più le persone sono imbecilli, più facciano carriera.I primi a salire sul palco (tra i ruppi "grossi") sono i Fratelli di Soledad che non mi spiacciono, ma nemmeno entusiasmano. Dovrebbero essere presenti anche gli Amici di Roland ma i conduttori ci dicono che...il gruppo si è sciolto il giorno precedente! Qualcuno dietro di me grida: "Ma non potevano aspettare domani?! E adesso io che cazzo ci faccio qui?!". Se ne sarà fatto una ragione, suppongo...Sale poi Marco Parente, che mi prende ogni volta di più e che non sembra per nulla un cantante, così timido e riservato. Ad osservare l'esibizione del fiorentino c'è Andrea Viti, fermo tra i ragazzi dell terza-quarta fila, col suo solito musetto pensieroso, perplesso, sofferto. O semplicemente stanco. Si diffonde la voce che anche gli altri After siano stati avvistati in giro: Prette con una lunga barba e Ciffo in tenuta casual tipo allegra-brigata-al-mare in pantaloncini al ginocchio, maglietta e marsupio a tracolla, intento ad andarsene a mangiare qualcosa nella parte riservata al pubblico (e non nello stand preparato apposta per gli artisti dietro il palco) con il ragazzo delle magliette (credo) e un fonico. Ovviamente, Manuel non esce prima del concerto, per quanto la gente così sparpagliata gli permetterebbe di non essere assaltato da orde barbariche di fans.Non so perchè, ma ricordo con esattezza lo stacco che ha accompagnato il set di Marco Parente e quello successivo degli Africa Unite: il primo suona che c'è ancora luce, i secondi ormai hanno raggiunto le 20 e passa di sera e il buio comincia già a piombare giù.Finalmente posso rivedere Bunna e co. dopo due anni dal loro concerto a Ferrara. Io caccio un urlo baritonale al "mio" Gianluca "Cato" Senatore, il bassista, ma non vengo considerata (sob) e faccio notare che il bassista degli Africa e Viti si assomigliano: sono abbastanza simili nel muoversi e viversi il proprio bellissimo strumento e hanno le facce di chi proprio si diverte una cifra durante quello che fanno. Che bello...Da questo momento in poi cominceranno ad esserci problemi di tempo: un losco individuo con la maglietta di "Taratatà" (probabilmente uno dei "capoccia") fa segni da autostoppista a ogni gruppo si succederà sul palco dagli Africa in avanti: devono tagliare tutti almeno un paio di pezzi, altrimenti non ci si sta coi tempi di chiusura. La cosa irrita particolarmente il mastodontico Madasky che, sull'ultimo pezzo, stoppa tutti. E la band lascia il brano a metà, praticamente.Si prepara la Bandabardò, ma prima dei toscani, Mixo e Lucilla leggono una mail arrivata al gruppo e inviata da una ragazza che ha perso il fidanzato, grande fan della Bandabardò. A quanto ho capito, il ragazzo (avrebbe compiuto 28 anni proprio ieri) sarebbe morto in un incidente sul lavoro. Così, la Bandabardò, dopo aver impazzato con i soliti fantastici tormentoni, si sofferma un attimo a riflettere sulle condizioni in cui molte persone si trovano a lavorare oggi.Si può dire che la band toscana abbia imboccato i discorsi anti-Berlusconiani/Bushani portati avanti dal redivivo Frankie-Hi-Nrg, tornato a rappare dopo 10 anni. Presenta due brani nuovi, ma mi pare che la forza delle canzoni del magnifico album "La morte dei miracoli" sia piuttosto lontana. Infatti, è solo su "Autodafè" e "Quelli che benpensano" che la gente si ravviva e partecipa in maniera totale.E' l'ora di Max Gazzè, che riesco a vedere in concerto proprio lì per la prima volta. Mi piace: è ironico, ha una bella voce e fa pompare forte il suo basso.Però...però è inutile: ancora una volta, come già a Nizza, la gente è lì per gli Afterhours. Mi volto a fatica, perchè non ho più lo spazio per muovermi come prima, segno che la gente si sta ammassando. Guardo le migliaia di persone che affollano il parterre e le gradinate: non so quantificare, ma siamo in tanti, tanti, tantissimi.A me pare, rivedendo bene il filmino nella mia testa, che tutta la fretta messa addosso ai gruppi precedenti sia stata proprio in funzione di Manuel e compagnia, dato che saranno loro a godere di maggior tempo a disposizione per il set.Il palco viene preparato con una calma e una cura che non ricordo di aver mai visto prima: come se si volesse creare attesa attorno all'evento After.Il Viti è il primo a salire per provare il basso. La Gianna gli urla dietro e lui si volta, sorridendo, a ringraziare. Ma possiamo farci mancare il saluto al fonico Gigi?! Nooo! E così, anche lui si prende il suo urlo tarantulo e noi i suoi sorrisi e ringraziamenti.Le tastiere sono voltate verso il centro del palco e da lì si capisce che Ciccarelli non ci sarà nemmeno questa sera. Qualcuno ci dirà pure che gli è successo, prima o poi...Salgono i nostri e attaccano "La canzone di Marinella". C'è meno pathos, mi sembra. Dovuto al pubblico che la canta a squarciagola, a differenza di Nizza dove il pezzo, al suo "debutto in società" è stato accompagnato da un attentissimo silenzio misto a curiosità.Rimane una cover secondo me fatta molto bene. E di questo pezzo porto continuamente dentro il ritmo lento delle corde di Viti.Prima del secondo brano, Manuel spiega il motivo dell'assenza di Ciccarelli: è diventato papà da poco. Felicitazioni, dunque!!Mi è sembrato, comunque, di vedere un Agnelli un pò emozionato...o sbaglio? Non so, mi ha fatto tenerezza...Un pò come Viti, vestito con una camiciola gialla e sopra una felpa nera degli After: un accostamento improbabile che fa sbudellare dal ridere tutto il commando che, da oggi, ha inserito il Tenerone tra i membri della bocciofila over 70 di Milano...:-PPP (Viti, suvvia, si scherza!! Sei una personcina tanto cara...).Dario, invece, l'ho trovato molto bene: concentrato e serioso come al solito, ma, per forza di cose, costretto ad arzigogolare in modo diverso (e in modo tale da coprire la mancanza di Ciccarelli) il suono del violino in certe canzoni.Manuel sembra rilassato ma carico: cioè, sta bene. Anche questa volta vuole far illuminare tutto il parterre e ci tributa un applauso (ma allora è proprio vero quando dice che, invecchiando, il calore del pubblico lo emoziona di più...!). Però, ha i suoi dannati guai con la chitarra (strano!!). Ci va di mezzo il povero Gigi, una figura un pò fantozziana, direi, a livello di sfiga. A proposito di sfiga, Manuel vuole dedicare proprio "1.9.9.6" agli After stessi, perchè quella sera si sentono particolarmente sfortunati...Le mie compari dicono di aver accusato il colpo letale della bellissima "Bye bye Bombay", dilatata e interminabile, proprio come "Bungee jumping", che sembrava non voler finire più. "Mi fratello è figlio unico" è dedicata dall'Agnelli all'organizzatore di Arezzo wave. Su "Male di miele" e "Germi" il pogo si fa selvaggio: già ci hanno pensato i fans della Bandabardò a malmenare per bene le persone, ora ci si mettono anche...le ragazze!! Assatanatissime, dio mio!! Ci ritroviamo ad ondeggiare paurosamente da una parte all'altra, senza punti di sostegno (la seconda fila è terribile) e con migliaia di animali che intendono spingere più che possono contro le transenne..."Dentro Marylin" fa supporre la chiusura imminente del set. Ma c'è posto per un'ultima canzone: "Proprio l'ultima, perchè non mi reggo più in piedi" dice un esausto Manuel.E la canzone è LA canzone. E' "Voglio una pelle splendida". Intensa, sofferta parecchio da parte dell'Agnelli, da pelle d'oca sul ricamo finale dell'assolo di Ciffo e le migliaia e migliaia di mani che seguono il ritmo affascinante di Prette.La sensazione che ti rimane dopo questo pezzo, dopo che gli After hanno salutato (chi inchinandosi, chi gesticolando come stesse salutando amici di tutti i giorni) è di devastazione totale. A volte, quando mi ritrovo in mezzo alla gente che lentamente defluisce dai luoghi in cui la band suona (che sia l'ex Fornace di Nizza o lo stadio di Arezzo), facendo lo slalom tra cartacce, fogli, lattine, bicchieri, mi chiedo se davvero gli After siano saliti su quel palco, se davvero mi abbiano catapultato in un altro mondo per un'ora, un'ora e un quarto, due ore e un quarto, tutto il tempo che decidono loro. Sembra che non siano mai esisititi, o che qualcuno li abbia risucchiati nel vuoto. Di loro non rimane niente, tranne gli strumenti su un palco che viene smontato al più presto. Come se, finito il concerto, finisse l'incantesimo e tutto si modificasse...Se chiudessero con un altro pezzo, non sarebbe la stessa cosa: è quel connubio di note finali miste a mani che ritmano il tempo a sbalordire, a devastare, ad annientare. E' sapere che ci sono venti mila persone che si fanno chilometri di strada magari anche solo per "quella" canzone a lasciare interdetti. A far comprendere quanto emozionanti siano quei dannati 4(5) piccoli, grandissimi musicisti.Il resto della storia lo sapete: è la consueta attesa snervante di un treno che hai sempre troppo tardi la mattina, un dondolare di teste, uno scappare di occhi, un cambio a Bologna che preannuncia il "ritorno a casa" imminente...ma no, c'è ancora da attendere la concidenza e poi ancora mezz'ora di strada ferrata. Poi forse il letto.Oggi no, devo ancora andarci, a dormire. Sono stanca, ma non ho sonno. Stasera, magari, crollo durante la cena, chi lo sa...Per ora, esco a prendere il sole. Tira vento, lo stesso che soffiava fortissimo ieri ad Arezzo. Forse è proprio questo vento, con questo sole che brucia (come direbbero gli Africa) a tenermi ancorata alla giornata di ieri, vissuta tra risate, occhiate, bagni chimici, odore di carne ai ferri, freddo polare alle 4 di mattina a dormire in stazione, per terra, assieme ad altre decine di ragazzi e ragazze, vedendo l'alba che comincia ad illuminare il piazzale antistante. Sono gli stessi ragazzi che avevamo accanto al concerto o alla presentazione dei libri.Bisogna andarci, ai festival, per capire cosa "una musica può fare".

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