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nonsonoimmaginario, shadow e kutolenko intervistano Manuel e Giorgio
Dopo il concerto del 21/07/06, io, shadow e kuto abbiamo avuto la possibilità e l'onore di intervistare Manuel e Giorgio nei loro camerini. E questo è tutto quello che ci siamo detti. Buona lettura!

Nonsonoimmaginario
Cominciamo?


Giorgio. niente domande personali,eh.
Manuel. nessuna domanda sul caso Materazzi-Zidane…non rispondiamo [risate]

Com’è andata negli stati Uniti? Raccontateci un po’…


G. una domanda pertinente.
M. una domanda chiara. Per me gli Stati Uniti sono il tour più bello della mia vita. Spero che la risposta sia sufficientemente chiara.

come mai?


M. è stato il tour più bello della mia vita perché è stato un tour dove abbiamo avuto diverse, non solo soddisfazioni, ma diverse conferme. Era un pubblico che non ci conosceva per niente, abbiamo sempre fatto da supporter e quindi il pubblico veniva per qualcun altro. Eppure il pubblico americano è molto curioso e appena s’è sparsa la voce che noi non eravamo male la gente arrivava sempre più presto e quindi abbiamo suonato anche davanti a dei gran pienoni; è stata una soddisfazione grandissima anche quella. Però, sai, qua in Italia hai sempre il dubbio: sei un gruppo storico, sei stato sulle copertine, hai avuti premi in giro, vendi un po’ di dischi, c’era la promozione su di te, quindi c’è sempre il dubbio che la gente venga a vederti più per quello che sei diventato che per quello che suoni. Lì non c’era questo dubbio. Non sapevano un cazzo di noi. Gli abbiamo spaccato il culo. Ci ha fatto molto bene, ci ha fatto veramente molto bene. Fra l’altro, adesso non voglio dire…non voglio far paragoni, son due cose completamente diverse, però comunque suonare nei club davanti a 800-1000-1500 persone, è una dimensione che ci mancava molto e suonare davanti a gente curiosa, attenta, che non conosceva le canzoni ci mancava tantissimo. E’ stato come il tour del 1998, quello di ‘Hai paura del buio’, però a 40 anni…e penso che poche persone siano così fortunate da potersi permettere una cosa del genere.
G. Anche perché la dimensione del club, là, ci permetteva un certo tipo di situazione che qua non possiamo più permetterci. Mi spiego: in un club piccolino abbiamo fatto quella tripla data a Roma al Circolo degli Artisti, bellissimo, però quando ormai hai un contatto così stretto con il pubblico, quando parte il super-corone, lì è una roba che distrugge perché copre tutti gli ascolti; copre me che sono lì in fondo, figurati lui (Manuel ndr.) che non riesce a cantare, quindi proprio non ce lo possiamo più permettere qua. Il fatto di poter riscoprire questa cosa qua che ci ha dato un’energia incredibile…
M. Si perché…comunque la storia dei cori, vabbè magari è stata gonfiata, però la dimensione celebrativa è una dimensione che ti leva… ti leva intensità e soprattutto vabbè ti senti molto star celebrata e in realtà non sai bene se effettivamente è quello che stai facendo che è emozionante oppure l’immagine che trasmetti per tutta la storia che hai dietro. Là la conferma è che in realtà appunto non avevamo una storia, quindi quello che diciamo e come l’abbiamo fatto lì, è il fatto che comunque i tour statunitensi fanno sciogliere i gruppi invece noi ci ha compattato in un modo pazzesco. E’ stata una sfangata tremenda: abbiam fatto 26 date in 36 giorni

quasi ogni giorno suonavate…


M. Si quasi.. è stata una cosa…io facevo doppio concerto quasi tutte le sere, per cui…Alcune sere triplo: ho fatto Jeff Klein, gli Afterhours e i Twilight Singers. Per cui…e non avevo problemi, non avevo problemi fisici, non avevo problemi di voce, è una roba molto celebrale, una roba molto di testa e… credo che una delle cose più importanti per noi sia stata proprio capire che con questa formazione qua…perché gli after sono una band di nuovo dopo tanti anni. E questa cosa qua la sentiamo fortissimamente. Per capire che con questa formazione qua potevamo riuscire anche in Italia a ritrasmettere questo tipo di messaggio qua, pagando dei prezzi però…però secondo me guadagnandoci tanto in divertimento e intensità.
L’altra rivincita che io personalmente ho avuto è che comunque, dai risultati positivi che abbiamo avuto, non canto così male in inglese [risata]. In Italia è stata una cosa…è stata una storia grottesca
a livelli cosmici, come tutte le storie italiane. Però finchè non hai la riprova vera, sai, sei sempre un po’ la volpe e l’uva, in realtà…

perché si sentono tutti professori, tutti allenatori e poi alla fine…


M. Eh, si. Che poi il disco nuovo era stato distribuito in America con grande entusiasmo e in realtà era criticato in Italia, la gente che … col vocabolario in mano [risate]. E tanto più che dopo il tour americano i risultati sono stati talmente buoni che adesso ce lo pubblicano come prevedevamo in Inghilterra nella fine di settembre- ottobre, che era l’ultimo degli obiettivi perché sapevamo che l’Inghilterra, essendo il paese più “trendino”, era il paese comunque più delicato, più…più difficile da curare e volevamo che fosse l’ultimo…l’ultimo stadio insomma.

Come mai in Europa non avete aperto per nessun gruppo?


M. Allora, diciamo così: in America il tour era un tour molto lungo, molto importante. In America si usa che gruppi della stessa etichetta vanno in tour assieme. Il gruppo più importante ha dei vantaggi di qualche tipo: possono essere economici, logistici ecc…Gli altri gruppi hanno il vantaggio di suonare davanti a più gente. E’ una cosa molto logica che qua in Italia fanno in pochi, in realtà pochissimi, perché c’è sempre comunque un piccolo orticello da difendere. Per cui là cercano sempre di organizzare il tour così:”Siete amici di Tizio e Caio? Cazzo, stessa etichetta! in tour assieme”è una cosa molto naturale. In Europa è un po’ più difficile fare queste cose qua, in Italia in particolare, ma in Europa in generale. In più non volevamo essere associati a tutti i costi a qualcuno..ehm…non ci dispiace suonare a 80 persone, a 100 persone…tu ci hai visto davanti a 100 persone ad Amsterdam…
si si


e…eri anche ad Utrecht
si esatto


…Utrecht per me è stato bellissimo: 105 persone, il record olandese [risate] però per noi è stato bellissimo, cioè non è…non mi interessa suonare davanti a 4-5000 persone, ci interessa suonare in modo intenso e metterci alla prova in situazione che ancora non abbiam provato o che non proviamo più da tanti anni. Fare il tour europeo davanti a…in questi piccoli club che poi eran pieni! perché erano club da 150 persone, se c’eran 105 persone era una bella vista [risata].
Alla fine…alla fine ci ha aiutato tanto a recuperare la dimensione che avevamo….che è impossibile in Italia, che avevamo dimenticato e secondo me per noi è meglio andare in giro da soli in certe situazioni perché non dobbiamo i figliocci di nessuno…dobbiamo portare in giro la nostra cosa. In Europa purtroppo è facile…è facile che la stampa riporti delle notizie per noi distorte.

Parliamo di “reti collaborative”: Gabrielli con Morgan, Morgan con Lombroso, Agostino con gli Atletico Defina e Dario con gli After dove ci sei anche tu Manuel, il quale suoni con Goodmorningboy e Parente (per NEVE RIDENS) il quale a sua volta ha come musicista Gabrielli.
Cioè, c’è una grossa rete che lega un po’ tutti…


M. La cosa è solo positiva, c’è uno scambio continuo con progetti che sono anche molto diversi fra loro e non per questo si disprezzano, anzi…si apprezzano, collaborano, questa è una cosa che esiste da anni e credo che la nuova generazione di musicisti faccia un po’ fatica ad assorbire perché questa è una cosa…non lo dico da nonnetto garibaldino:”Ah, era uno di quelli lì… (il tutto con voce e imitazione di un tipico nonnetto garibaldino)” [risate]…però è vero che noi abbiamo superato un bel po’ di insicurezze che ci portavano comunque a non collaborare e adesso che le abbiamo superate è meraviglioso e divertentissimo collaborare e continueremo a farlo. Poi credo che comunque il fatto di essere musicisti speciali come le persone che hai nominato tu li renda speciali anche come persone, perché hanno comunque una percezione che è diversa dalla media della musica, della vita, della musica applicata alla vita e credo che queste persone che hai detto tu sono speciali perché si comportano in modo speciale.

Parlando invece del progetto ‘Songs with other strangers’…si tratta di un progetto isolato o c’è la possibilità che si riproponga in futuro…


M. E’ un progetto non professionale, quindi alla fine se avremo il tempo, la voglia e la verve di fare qualcosa…il programma era di fare un disco di inediti, ma nessuno di noi ha avuto il tempo, non solo noi eh…Stef (Kamil Carlsen ndr) ha fatto questo grosso tour in tutta l’Europa del nord con il suo gruppo, gli Zita Swoon…Parish è stato in tour in America e via dicendo.
Per cui questa cosa si realizzerà, se si realizzerà, quando naturalmente tutti avranno il tempo e la voglia…rimane un progetto collaterale, un progetto “marginale” perché per tutti noi è importante. Però è importante pensarlo non professionale, provare a pensarlo senza scadenze, senza date, senza imposizioni perché tutti noi ne abbiamo, quindi nessuno di noi ne vuole delle altre.

Continuando a parlare ancora di collaborazioni…per quanto riguarda Clementi, Cesare Basile e, recentemente Dulli…sono diciamo apparentemente persone abbastanza diverse ma comunque sono accomunate da una sorta di “fil rouge” [risata] che comunque li ha portati a collaborare con te, quindi volevo sapere che tipo di legame….


M. Hanno personalità diverse e le personalità diverse si attirano perché sono complementari: son tutte persone grandi, che hanno superato certe insicurezze, e che vogliono scoprire delle cose che non sanno, delle cose diverse da quelle che hanno già visto per cui io in Greg e in Cesare trovo una cosa che io non ho e questo mi piace. Quindi è l’esatto contrario di quando avevo 18 anni, quando cercavo la gente uguale a me, adesso cerco la gente diversa da me, perché è la gente che mi può dare qualcosa, mi può insegnare qualcosa e alla quale io comunque posso trasmettere delle cose; quindi alla base c’è che siamo tutti molto diversi però siamo uniti da questa complicità nel cercare delle cose diverse da imparare.

Parliamo un po’ di futuro, si parlava di un DVD, quando uscirà?


G. Il DVD è fermo per il momento perché…perché c’è stata l’uscita del disco all’estero, le date all’estero, il tour in America e tutto quanto…c’è stato un accavallamento di impegni e questo ci ha portati, nel momento in cui ci stavamo lavorando, a esser troppo impegnati e quindi a stoppare la cosa perché avrebbe significato farlo in fretta e furia, non c’era nessuna necessità di fare uscire una cosa del genere della quale poi ci saremmo pentiti…che non usciva come avremmo voluto. Visto che non è una cosa indispensabile e urgente…la completeremo e la faremo uscire nel momento in cui ce lo potremo permettere.
M. E’ una cosa molto diversa rispetto a un disco, come ti puoi immaginare, e quindi è anche, da un certo punto di vista…
G. E’ diventato un work in progress rispetto all’idea iniziale, per noi è diventato un po’ una specie di storia degli Afterhours, che inizialmente non volevamo però, gioco forza, lo è diventato.Quindi fare una cosa del genere, non fatta con i tempi, i crismi e nel modo giusto sarebbe stato inutile…
M. quindi quando avremo la possibilità di lavorarci di nuovo, il tempo per farlo uscire come dev’essere, andremo avanti.

State pensando già alla pubblicazione del prossimo album se sarà in inglese all’estero e italiano in Italia oppure solo in italiano?


M. No, sarà inglese qui e italiano all’estero. [detto con un sorriso malefico] [risate]
Se parlassimo un po’ di passato…


G. ..passata di pomodoro..
M . ..parliamo di cucina…
G. che io non ho cenato, cazzo….

…e precisamente di NON E’ PER SEMPRE che si prefiggeva lo scopo di inoculare una sorta di virus nel mercato discografico per far si che venisse contaminato dall’interno e questo veniva fatto facendo uscire BIANCA come un singolo “pop” rispetto all’insieme dell’album. Volevo sapere se, a posteriori, si sono verificati i frutti di questa…


M. Era un progetto effettivamente molto ambizioso e in quel momento lì sembrava che diversi gruppi della stessa scena facessero lo stesso sforzo. E quando poi è nato il Tora!! Tora!!, poco dopo, sembrava che veramente che questo tipo di sforzo avesse trovato un veicolo di comunicazione. Il Tora! Tora! non ha cambiato le cose in Italia.. noi non le abbiamo assolutamente cambiate. Poteva essere una grossa occasione … non è successo .Non è successo per tantissimi motivi, magari il messaggio non era abbastanza forte, perché magari la gente che ci stava intorno non ha capito che tipo di… di qualità di valore poteva avere questo tipo di cosa, magari perché effettivamente eravamo troppo arroganti noi a pensare che un certo tipo di mentalità si potesse cambiare con un festival e quattro ciance.. E’ servito a noi, è servito alla gente della nostra generazione… Il Tora!Tora! è stata una celebrazione della nostra generazione e di quello che abbiamo fatto e il fatto di essersi messo in gioco è servito a noi per avere anni di grossi problemi e chiarirci dentro quello che volevamo fare e quello che volevamo essere e cementare i legami con le persone con le quali le cose erano veramente forti e annullare i legami con le persone con le quali le cose non erano altrettanto forti. E’ stata vita, e la vita, negativa e positiva che sia, è sempre benvenuta comunque… e quindi è stato mettersi in gioco, è stato non sedersi sugli allori, non farsi le pippe.. sono state tante cose. “Non è per sempre” in sé, come operazione, è stata un’operazione molto….. e mi prendo tutta la responsabilità di questo, come produttore del disco.. un’operazione abbastanza arrogante e ingenua. Come disco in se, per me è un disco della madonna. Io l’ho riascoltato ultimamente a orecchie fresche, ed è un disco che scorre, ha una produzione, non perché l’ho fatta io, suona veramente bene e lo dico da uno, e lui lo sa [indicando Giorgio], che non è mai contento di quello che fa.
E’ un disco che ho rivalutato molto. E’ un disco che mi sembrava comunque troppo schizofrenico perché aveva delle parti troppo estreme da una parte, troppo pop dall’altra. Più schizofrenico di “Hai paura del buio?” che invece era più naturale. E più schizofrenico di “Quello che non c’è” che era più compatto, sicuramente. Però poi riascoltato così il suono c’è, cioè dall’inizio alla fine i pezzi hanno una consequenzialità e una scrittura, gli arrangiamenti.. è un disco che mi piace veramente molto. E lo dico veramente con orgoglio! Mi sono rotto i coglioni di fare il finto modesto.

Sempre parlando di “Non è per sempre”,è parecchio diverso da quello che verrà dopo (quello che non c’è e ballata). Fino a “non è per sempre” è stato il periodo in cui hai vestito i panni del produttore. E diciamo che fino ad allora c’è stata la parte più ironica e autoironica degli Afterhours. Da “Quello che non c’è” in poi invece ti sei dedicato un po’ di più con la fase collaborativi ed è venuta meno l’ironia e c’è stato più spazio per la…


M. Questa non è una cosa mia, è una cosa di tutti noi..

sisi .. volevo solo concludere chiedendo se la produzione di un album richiede un qualcosa di più studiato..

M. ma… non lo so, non c’è una regola. Secondo me c’è un’idea. Ogni volta che tu hai un’idea, hai un album e hai un gruppo e un progetto. Quando non hai un’idea sei nella merda. Secondo me noi abbiamo sempre rispettato quello che sentivamo. Dopo “Non è per sempre” non abbiamo più sentito quelle cose lì e abbiamo avuto dei problemi per questo. Così come per “Non è per sempre” abbiamo avuto dei problemi perché non avevamo fatto un altro “Hai paura del buio?”. E come con “Hai paura del buio?” nel piccolo perché non eravamo conosciuti come adesso avevamo avuto dei problemi perché non era un altro “Germi”, perché non c’erano pezzi hard come ‘germi’ e ‘siete proprio dei pulcini’ eccetera.. Per me il problema principale è quello di essere fedeli a noi stessi. E no fedeli alla linea e non fedeli al nostro pubblico. Fedeli a noi stessi e basta.

Giorgio, durante ‘Bianca’ scrivi sul libro che hai usato il computer per mandare in loop la parte di batteria. Ci sono state in altre canzoni o solo in quella?


G. E’ stato il primo approccio con uno strumento del genere. Diciamo che lo abbiamo usato in una maniera rozza… nel senso che noi in realtà non lo sapevamo usare. Volevamo ottenere un certo di risultato sul sound della batteria e sul sound proprio della base ritmica. Un primo esperimento molto di rado.. si perché l’abbiamo fatto solo su quel pezzo. Proprio per la natura e le caratteristiche di quella canzone… si perché il quadro di batteria era praticamente uguale dall’inizio alla fine e quindi volevamo studiare questa cosa dell’effetto loop.. Poi in realtà mi sembra che non l’abbiamo più usato.. o usato in maniera completamente diversa. Diciamo che rappresentava il primo approccio nei confronti di uno strumento che poi è diventato poi fondamentale. Perché paradossalmente lo strumento tecnologico ci ha permesso di raggiungere un risultato che cercavamo da tempo, cioè quello di fare un album completamente live, cioè suonato live in studio senza le basi.. abbiamo suonato insieme per ottenere un risultato di insieme totale.
C’era sempre questo limite del fatto che mentre se registravi la batteria era l’unico strumento sulle quali non potevi fare delle correzioni.. tranne che in rarissimi casi, quindi diciamo questo loop è stato quello di poter avere un obbiettivo diverso, cioè quello di far fuori la versione della canzone e poi poter correggere le imperfezioni tecniche che ci stanno in una versione istintiva. E’ stato l’inizio di un percorso che poi ha portato ad adottare un nuovo metodo che poi ha caratterizzato la lavorazione di “Quello che non c’è” in un modo e più compiutamente ancora “Ballate per piccole iene”.Non è più tornata come cosa perché non ci siamo più trovati

Nella vostra carriera avete pubblicato pochissime b-sides, in pratica solo ‘televisione’. Come mai?


M. Perché quando scartiamo un pezzo vuol dire che ci fa schifo, quindi alla fine..

ma televisione è bellissima!


M. Ma per ‘televisione’ è una storia diversa, nel senso che non ci faceva schifo. Era un troppo in “Hai paura del buo?” che ha già 19 canzoni. Quindi per me la differenza non faceva 19 o 20, era che c’erano già tutti gli ingredienti ed era apposto così. Aver scelto ‘punto g’ al posto di ‘televisione’.. magari come pezzo in se può essere criticabile nel senso meglio o peggio non lo so, però per l’album ‘punto g’ era meglio di ‘televisione’. Perché la nostra politica è stata sempre quella di fare le cose per gli album e no per metterci dentro tutto quello che sapevamo fare.

Parliamo invece di formazioni…vari cambi. Gabrielli e Dell’Era, che comunque si sono integrati alla grande..


M. non si sono integrati.. Siamo veramente e finalmente una band dal 1987… [nel frattempo entra Dell’Era] Vedi che si sta parlando di te.. male.. malissimo
Dell’Era. Io? La mia band? [risate]
M. lui ha un progetto solista… ecc, ecc… Quando lo intervistano sempre “io. Ho un progetto soliiiista….” [risate]
D. Oh, lo dicono tutti
M. Ma, no … ah, finiscimi scusa la domanda

.. volevo sapere se Gabrielli… comunque ha un ruolo jolly nella band, e ha dato un cambiamento di sonorità rispetto a quelle precedenti. Per cui volevo sapere se nel prossimo album ci sarà Gabrielli in pianta stabile


M. Si [con molto orgoglio]. [risate] E’ una delle poche domande in cui bisogna rispondere solo con un “si”

Per quanto riguarda le cover… non avete scelto di fare un album di sole cover, è una scelta momentanea o avete in mente di farne uno in futuro?


M. Ma…guarda…noi siamo stati condizionati da un sacco di cose nell’avere una realtà che era solo italiana, che è una realtà d’oro da un certo punto di vista perché nella nostra situazione qua innegabilmente è una situazione bellissima, invidiabile. Però è una realtà molto claustrofobia da un altro punto di vista; e adesso che abbiamo altre realtà, che sono quella europea e quella americana, che sono molto più piccole naturalmente di questa, però viviamo in modo meno claustrofobico, quindi in modo più equilibrato questa realtà. Non abbiamo paura di fare passi falsi o di fare qualcosa che non ci rispecchi o che comunque non piaccia o comunque che non sia capita perché in realtà ci sono altre realtà che possono comunque compensare.
Le cover qua sarebbero state male interpretate. Quando abbiamo fatto….quando abbiamo fatto le altre cover eravamo così poco conosciuti che comunque c’era più positivo che negativo attorno a noi. Rino Gaetano, Fossati… quando abbiam fatto gli Area…già “non puoi toccare quell’altarino lì ecc ecc..”. E’ veramente una rottura dei coglioni, cioè…e sinceramente di pensare alla musica in questo modo, così come si pensa a tutto in Italia in modo così scolastico, didascalico, cattedratico…[risate dovuto a una sua espressione]…E’ veramente una cosa molto deprimente, e sai non me ne frega un cazzo di passare per un arrogante, sono sincero! Mi deprime, mi deprime e mi fa schifo, quindi non c’abbiamo voglia di farlo.

Del vostro passato di musicisti, sia come persone che come band, cambiereste qualcosa se fosse possibile tornare indietro?


M. Ma…è difficile dirlo…ci sono certi periodi che potevano essere più corti per arrivare allo stesso tipo di risultato ..[entra Dario e gli porge un sacchetto con due DVD che gli ha portato un fan]…che è sta roba? Oh che bello! Bussolengo…Estragon…

cavolo quello nostro!


M. Si, quello famoso vecchio che poi per il DVD non so se abbiamo…cioè quel DVD non l’abbiamo ancora fatto…peccato per l’audio perché…purtroppo è molto brutto…ma le immagini son veramente fighe perché è ripreso in un bel modo…comunque, che stavamo dicendo?

del fatto di cambiare qualcosa nel passato…


M. Si, è chiaro che cambieresti un sacco di cose, però le cose che abbiamo sbagliato ci sono servite per capire quello che non vogliam più fare e alcuni periodi negativi potevano essere più brevi, sinceramente. Potevamo capire prima certe cose, potevamo arrivare prima a certe soluzioni, potevamo aver prima un certo tipo di coraggio, potevamo pensare prima a tante cose. Poi ci sono state le persone che abbiamo incontrato che ci hanno fatto cambiare delle idee, che ci hanno fatto vedere delle cose in modo molto diverso e finchè non abbiamo incontrato quelle persone lì non avevamo questo tipo di cose…

Nel libro della Rolandi dichiari di sentirti insicuro, cosa che….


G. …fatichi a credere…[risate]

non sembra…


M. Non è una cosa applicata a tutta la vita, cioè non è una cosa applicata a qualsiasi tipo di cosa, comunque sicuramente sono una persona più in dubbio di quanto non sembri, anche perché secondo me non ha nessun senso fare il finto modesto e fare la persona schiva in pubblico e poi essere un arrogante dentro. Io sono esattamente il contrario: una persona che se prende una decisione si porta tutta la responsabilità di questa decisione all’esterno, è dentro di me che mi faccio delle domande, così penso tutti noi, cioè, le persone adulte penso che siano più o meno così:prendono una decisione e se la prendono hanno dei motivi per prenderla, ci hanno pensato a lungo e quindi la sostengono e la sostengono con forza, che può essere scambiata per arroganza, per presunzione; in realtà è forza, è convinzione.

Come avviene la scelta dei pezzi in scaletta?


M. Guarda, le scalette sono i pezzi che abbiamo voglia di suonare e il modo in cui ci riescono di sera in sera e, se ci riescono bene, abbiamo voglia di rifarli. Per cui non teniamo conto, come molti altri gruppi, dei desideri del pubblico, del fatto che ogni sera devi cambiare scaletta. E’ vero che fare concerti solo in Italia con un pubblico che si sposta è un impegno in più perché la gente vede 5-6 concerti, anche 7 a tour e vorrebbe vedere delle cose molto diverse di sera in sera. E io mi auguro che questo sia identificabile nel feeling che si trasmette di sera in sera, è come suoni i pezzi, non nel cambiare la scaletta e mettere un pezzo al terzo posto invece che al quinto e suonarne tre che non avevi suonato la sera prima ecc..ecc..D’altra parte i nostri pezzi sono quelli e la gente li conosce fin troppo bene, inutile essere ipocriti. Non è che se stasera avessimo fatto ‘Lasciami leccare l’adrenalina’ , non faremmo comunque una novità…non suoneremmo comunque una novità, per cui è meglio essere più onesti con noi stessi e fare quello che abbiamo voglia di fare noi.

Mentre venivamo in concerto a Roma in macchina c’è stato un ragazzo che ha detto, mentre ascoltavamo Dentro Marilyn, ad un certo punto questo ragazzo ha detto testualmente:”Minchia, io se fossi in Manuel, negli After in generale e una cantante come Mina mi avesse chiesto di coverizzare questa canzone subito dopo avrei appeso la chitarra al chiodo, ci avete pensate anche voi?


M. Noi non suoniamo per raggiungere…per vincere dei premi, non suoniamo per vincere una medaglia, per avere una targa in casa, per avere quel tipo di soddisfazioni qui, sennò avremmo smesso già da tempo perché la gente si dimentica troppo spesso che abbiamo fatto una gavetta lunghissima e bruttissima da un certo punto di vista. Noi suoniamo perché è l’unica cosa che siamo riusciti ad individuare per trasmettere noi stessi. E’ l’unico linguaggio che siamo riusciti ad imparare per dire quello che pensiamo, ed è il linguaggio migliore che abbiamo, quindi lo faremo indipendentemente dai risultati che avremo a livello professionale che, se arrivano è meglio, ma se non arrivano fa niente. Quindi non è che se vinciamo la Coppa del Mondo ci ritiriamo, non ce ne frega niente, non ce frega un cazzo, è un’altra cosa, si parla di altre cose e per questo non abbiamo paura di aggredire il pubblico;perché facciamo delle cose che sono anche impopolari perché siamo noi che sentiamo di doverle fare per noi stessi. E l’elemento sacro è vostro, e noi…se guardiamo a noi stessi siamo delle merde. Quindi alla fine della fiera tutto il resto è grasso che cola, se viene bene se non viene non fa niente. Quindi anche Mina è grasso che cola [risate].

Un saluto al sito e al forum


M. Io sono Manuel, quello là con la camicia che gli ho regalato io perché lui l’ha regalata a me è Giorgio, salutiamo il sito, grazie mille per tutto, per tutta la passione e tutte le cazzate che scrivete [risate]…continuate a scriverle perché comunque ci fanno piacere